Campagna di Russia

Dalla poesia al racconto breve. Così, come se niente fosse...


CAFFE' DEGLI SPIRITI (Terrazza del Bastione)
martedì 20 settembre
Foxi & Daddy dj set
opening act dj Tiuva
jazz.soul.funk.bossa.latin.afrobeat.modern sounds.and.flamenco.de.puta.madre


L'ispirata lirica dedicata a Zasso due settimane fa è stata molto apprezzata in primis dal destinatario che si è premurato di manifestare il proprio gradimento attraverso il seguente messaggio "pezzo di merda. vendetta lenta e spietata. con la tua cazzo di poesia mi porti in acque cattive. io me ne fotto perché c'ho l'intelligenza e l'umorismo. ma questa volta intingerò la penna nella cattiveria di un fariseo" ignorando forse che "fariseo" è sinonimo di ipocrita e non di crudele.
Zasso d'altronde è tristemente noto nel mondo del giornalismo come fantasioso artefice di metafore improbabili (si veda per tutte la sua celeberrima, e ad oggi insuperata, "...un ritiro tutto sudore e Sparta (?)", fonte l'Unione Sarda - agosto 2004).
Attendiamo comunque una sua replica "con l'impazienza di un filisteo".

Intanto continua il nostro omaggio ai protagonisti del martedì con la prima parte di un mediocre racconto su commissione liberamente ispirato alle recenti gesta di Nicola Paganelli.
La seconda parte non è ancora stata scritta. E forse non lo sarà mai.


campagna di Russia...

Gli ultimi intoppi burocratici erano stati superati. Nemmeno 250 euro per un visto falso gli erano sembrati una cifra eccessiva in preda all'euforia che si era impossessata di lui a pochi giorni dalla partenza. Eppure ultimamente le cose non gli andavano male. In poche settimane si era guadagnato il soprannome di Sultano, anche se lui preferiva considerarsi un sovrano illuminato. Nessuna coercizione. Lo stuolo di ventenni o poco più (o poco meno...) di cui recentemente si era circondato lo adorava, di più, lo idolatrava spontaneamente come logica conseguenza di un'inspiegabile libera scelta. Il Sultano si limitava ad assecondarla adottando pochi semplici accorgimenti. Come, per esempio, tenerle lontane da alcuni personaggi ritenuti pericolosi perché troppo simili a lui..." no ragazze in spiaggia a Chia no...troppa confusione...dai andiamo a Porto Pino...in fondo sono solo altri 45 chilometri di curve e strada sterrata..." Per il resto era stato tutto sin troppo facile.
Certo, c'erano stati momenti imbarazzanti come quando durante una festicciola alcune di loro si erano accapigliate per gelosia. Erano anche volate parole grosse "Troietta! Chissà cosa hai fatto per farti regalare quegli orecchini di Blue Point..." "Parli proprio tu sgualdrinella! Sarei curiosa di sapere chi ti ha comprato quel top Miss Sixty..." ma in fondo ne era stato lusingato. Due settimane di assenza non avrebbero cambiato nulla in quel meccanismo perfetto che era riuscito a creare. Poi c'era sempre il Giannizzero che, in cambio di un temporaneo permesso di caccia, avrebbe provveduto a sorvegliarle e a mantenere lo status quo. E' vero, in altre occasioni non si era dimostrato molto affidabile, ma qui non si parlava di mettere dischi...

Il Tupolev atterrò morbido una grigia mattina prima di Ferragosto. Mezz'ora dopo Mosca gli apparve in tutta la sua imponenza. Metropoli sconosciuta ma carica di promesse e che presto si sarebbe inchinata alla sua fama di seduttore. Eppure, mentre in taxi percorreva quegli interminabili viali, il cielo plumbeo lo inquietava come un cattivo presagio. C'era qualcosa che lo turbava nell'avvenenza di quelle creature slanciate e dalla carnagione diafana che lo circondavano. La prima sera, stranamente intimorito, si limitò a studiarle. La seconda iniziò il gioco di sguardi. La terza cominciò a preoccuparsi. Perchè quelle bellezze algide e imponenti non ricambiavano la sua attenzione?
In altre occasioni il suo sorriso accattivante, interrotto a intervalli regolari per sorseggiare la vodka lemon d'ordinanza, era risultato un'arma micidiale. Ma ora l'incantesimo sembrava essere svanito. Pensò se non fosse il caso di elaborare tecniche alternative. Come quella volta a Oviedo con una ragazza irlandese che si professava atea. Lui era scoppiato improvvisamente a piangere e a gridare con la veemenza di un telepredicatore invasato " I do believe in God! Why don't you? Please, believe in God!". E mentre simulava un esorcismo la abbracciava da dietro cercando di arrivare alle tette. La celtica agnostica, troppo disorientata per reagire, lo lasciava fare. Naturalmente, viste le sue condizioni all'epoca, non era in grado di ricordare se quell'ignobile pantomima avesse avuto successo. Ma in quel momento era abbastanza disperato da sembrargli una buona soluzione. Avrebbe solo dovuto apportare alcune piccole modifiche dovute al fatto che in Russia sono ortodossi. A parte quello...

La quarta sera andò peggio delle precedenti. In un locale inequivocabilmente equivoco una bionda dall'aria annoiata dopo mezz'ora ricambiò senza il minimo entusiasmo il suo sguardo. In una frazione di secondo le fu accanto. La ragazza parlava un italiano stentato. Il Sultano decise di coniugare la sua proverbiale simpatia alla profonda conoscenza della cultura locale. Riesumò quella vecchia gag che da bambino lo faceva ridere tantissimo. Era di Mario e Pippo Santanastaso, due ottimi comici, a suo giudizio, dimenticati troppo in fretta "...allora ci sono due russi e uno dice "mi fai fare un giro sulla tua troika?" "quale troika?" fa l'altro, "come quale troika, quella troika...di tua moglie...". Prima che avesse la possibilità di proseguire nello sketch, spostando l'ambientazione in Africa e sostituendo la troika col tukul, lei lo interruppe disgustata "...guarda di solito io prende 300 dollari ma per te non basta 900...". Gli pagò il drink e se ne andò senza salutarlo.

Quella sera tornarono in albergo presto perchè all'alba li aspettava il treno per Ulan Bator. L'angoscia lo attanagliava. Pensò di confidarsi con Foxi, il suo compagno di viaggio. Erano amici da una vita e avrebbe sicuramente capito il suo profondo disagio. Ma quando si girò lo vide nudo, a parte la maglia numero 1 del Lokomotiv, fedele riproduzione vintage di quella indossata dalla squadra sovietica a metà degli anni '50 e pagata l'equivalente di 170 euro la sera prima. Con gli occhi spiritati, Foxi si tuffava da una parte all'altra del lettone fingendo di parare rigori inesistenti "guarda Nico...sono Lev Yascin...il ragno nero...l'incubo degli attaccanti...li ipnotizzo con lo sguardo..." Decise di lasciar perdere. Prima di addormentarsi, in attesa di cedere alla vodka, ebbe appena il tempo di pensare "dai...in fondo non sono mica partito per chiavare...". Poi pianse, sommessamente, di sè e di quella pietosa bugia.

Quella notte ebbe un incubo. Si vide nei panni di Napoleone sconfitto davanti a una Mosca con i disco-bar in fiamme e poi, con uno scarto spazio-temporale privo di qualunque logica ma che nel sogno gli sembrava perfettamente coerente, come un combattente della campagna di Russia, in rotta nella tundra gelida e innevata, braccato da perfide soldatesse dell'Armata Rossa che lo volevano morto. Si svegliò terrorizzato in un bagno di sudore che era già ora di prendere il teno.

All'alba la stazione era avvolta nelle nebbia e nel vapore delle locomotive. Si lasciò trasportare sul vagone della Transiberiana dalla fiumana dei suoi compagni di viaggio. Commercianti kazaki e contadine tagike che portavano con sè la loro mercanzia: tappeti, matrioske e polli vivi per lo più.
In viaggio i giorni scorrevano interminabili. A fargli compagnia solo l'incedere lento del treno e il dolce ricordo dei martedì al Bastione. Non certo Foxi che passava le giornate ad insegnare la morra ad alcuni venditori di icone false con cui aveva stretto amicizia "Kimbe! Sese! Trese! Kimbe!" Avrebbe dato qualunque cosa pur di essere altrove, circondato dalle premure delle sue giovani amanti. Ebbe pensieri impuri anche su alcune contadine tarchiate con la barba e le caviglie a zampa d'elefante ma nemmeno loro mostravano grande interesse nei suoi confronti. Pensò che una volta tornato avrebbe messo la testa a posto, magari accasandosi con la favorita del suo harem e rimanendo amico delle altre.

Quella prospettiva lo aiutò ad andare avanti nei giorni a seguire finchè un mercoledì un sms anonimo lo raggiunse a Ulan Bator mentre si trascinava stancamente dietro Foxi alla disperata ricerca di compilation di hip hop mongolo "approfittando tua assenza cani/porci sguazzano nell'harem. vista la favorita scambiare n. di cell con persona che ritenevi amica". Improvvisamente si sentì ribollire di rabbia. Quella solitudine forzata lo portava a sragionare al tal punto da autoconvincersi di essere davvero un sultano. Iniziò a immaginare le scene apocalittiche che avrebbero accompagnato il suo rientro. Chi aveva osato violare l'harem sarebbe stato punito con la castrazione, condanna da eseguirsi al Bastione (il suo regno), martedì notte (giorno di grande affluenza) davanti ai suoi sudditi. Quanto al Giannizzero meglio per lui che avesse una buona scusa. Per assumere un'aria più truce decise di farsi crescere i baffi. Non si scherza col Sultano.

(continua...)

A tre anni dalla sua ultima apparizione alla console questa settimana torna una delle figure più controverse delle scena musicale cagliaritana. Dopo un periodo di latitanza spagnola riappare la figura simbolo delle serate al Jazzabuglio: il leggendario dj Tiuva. Più integralista di un talebano, più intransigente di un papa-boy, Tiuva ha traumatizzato con le sue selezioni etno-jazz generazioni di avventori dello storico locale di Castello. C'è chi non si è ancora ripreso dalle sue session anarco-musical-insurrezionaliste il cui culmine era rappresentato dalla famigerata "Lavori domestici" di Enrico Rava (durata: 17 minuti e mezzo abbondanti...) ovvero l'equivalente musicale de "La corazzata Potyomkin" in cui la scena fantozziana dell'occhio della madre era sostituita da un assolo di aspirapolvere. Uno dei pezzi più pesanti di tutti i tempi. Alla prime inconfondibili note la clientela, in preda al panico, si accalcava in maniera scomposta verso le uscite di sicurezza e quando a seguire Tiuva metteva Ornette Coleman la folla esplodeva in un boato di entusiasmo liberatorio e faceva partire un trenino catartico come se avesse sentito Disco Samba.
Ma c'è una novità: nel frattempo dj Tiuva si è specializzato in un genere ancora più ostico...il flamenco!!!
Martedi ha minacciato di presentarsi con l'opera omnia di Paco de Lucia e di quello che lui ha definito il genio del flamenco d'avanguardia, tale Camaron a La Plancha ( o qualcosa del genere...). Siete pronti per un'ora di chitarre frenetiche, nacchere martellanti e angoscianti incitamenti gitani?

Da inoltrare a chi ha avuto il coraggio di dire che le serate di F&D ultimamente sono diventate un pò troppo commerciali. Grazie.
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1 commento:

Unknown ha detto...

Vedo che questa tua esperienza è seguita con calore, affetto e profonda stima dai tuoi amici.
Ma chi sono i tuoi amici?
Gente rancorosa, che non vuole elevare il livello, che preferisce galleggiare nel torbido pastone di una Cagliari immota, invidiosa delle persone che innalzano il limite oltre la soglia della squallida normalità.
Voi mirate in alto, a una cultura a tutto tondo, senza nessun limite se non quello della vostra arte, senza vendervi al mercato, senza trovare altra soddisfazione se non quella di essere voi stessi.
Ecco perchè date fastidio, perchè la "casta" cagliaritana vi teme, perchè destabilizzate le loro posizioni di rendita, i loro interessi economici.
Voi siete portatori di idee e farete una brutta fine.
Molto più brutta della vostra musica.